Che cos’è il clown? Sarebbe come rispondere alla domanda: cos’è l’uomo?
Essere un clown è un insieme di emozioni, è insieme mestiere e forma d’arte. Per questo è difficile dare una definizione univoca e universale.Il clown è capace di sconvolgere la realtà in un attimo, con un gesto. Non servono grandi numeri o incredibili evoluzioni, gesti eroici o illusioni da perdere il fiato: non dobbiamo fare il clown, dobbiamo esserlo!
“…nei dettagli e nella piccolissima frazione di tempo che occupano troviamo lo stupore e la meraviglia che difficilmente ritroveremo nello stesso gesto, se non negli occhi di nuove persone…”
Con questo laboratorio si vuole abbattere l’immagine stereotipata del pagliaccio carnevalesco per favorire la ricerca teatrale.
“…Il gusto della quotidianità e in quella sorta di sicurezza che ci da, trasformati in un contenitore di elementi assurdi..”
Cercheremo la semplicità, scopriremo che nell’apparente immobilità della quotidianità si cela un arsenale infinito di variabili impazzite, gesti alternativi , possibili ribaltamenti delle certezze. Entreremo da una porta che è sempre stata aperta e che pensavamo invalicabile; solo il mio corpo è capace di un gesto unico e irripetibile, solo io ho un difetto che nessun altro capisce, solo la mia quotidianità è capace di regalare un nuovo sorriso.
“Com’è possibile trovare nuove melodie se abbiamo a disposizione solo 7 note musicali? Questione di tempo, ritmo, ripetizioni, pause, stacchi, dettagli e cura.
Tutto poco chiaro? Nessun problema, ci penseranno i clown!
Questo laboratorio nasce dal percorso sul clown iniziato nel 2004, ed ancora in grande fermento e crescita, con l’esigenza di cercare nuovi spunti e punti di vista e soprattutto per il bisogno di confrontarsi quotidianamente con tutto ciò che ci circonda. In particolare è rivolto alle associazioni che portano il clown in ospedale, attività che necessita di attenzione, capacità di rinnovarsi continuamente e che esalta le peculiarità del clown: cambiare il punto di vista sulla quotidianità per portare fuori dalle stanze d’ospedale i degenti, non certo col corpo ma con la mente.